21/06/2021

COME È NATO IL BRAND CHE AMBISCE A DIVENTARE IL PIÙ ECOSOSTENIBILE

Intervista a Simone Scodellaro, Fondatore di Soseaty

Come avete scelto il nome del brand e com’è nata l’idea di Seay?

In realtà siamo partiti con il nome Soseaty Collective perchè Soseaty è l’unione di più parole: SOS, Sea e la pronuncia del nome che è Società, un colletivo quindi che aiuta il mare, visto l’inquinamento causato dai rifiuti plastici. Soseaty Collective è quindi la piattaforma con la quale creeremo diversi brand sostenibili. Il primo è Seay ed è legato all’abbigliamento. Siamo partiti in due, io e Alberto Bressan come soci fondatori, ora il team è composto da nove persone.

Dove nasce l’ispirazione e lo stile delle vostre collezioni?

La prima stagione l’abbiamo realizzata in collaborazione con un’artista uruguaiano, che vive alle Hawaii, che si chiama Eduardo Bolioli, un artista che ha disegnato le tavole per i più grandi surfer degli anni ’80 da Kelly Slater a Sunny Garcia. Per la seconda collezione abbiamo invece deciso di creare un team di design interno, in modo da ampliare il nostro mondo ispirazionale.

Parliamo dei tessuti della collezione e della loro sostenibilità.

Il beachwear uomo ed anche i windbreaker sono realizzati al 100% in plastica riciclata, che può essere la classica plastica recuperata dagli oceani o la plastica post consumo. Nella linea donna invece, non riusciamo, ad arrivare al 100% perché c’è la parte elastica, l’elastomero, che in questo momento non è possibile realizzare con elementi di recupero. In questo caso arriviamo al 90% della sostenibilità del capo. Per la felperia e le T-Shirts usiamo invece un cotone organico certificato GOTS. Tutti i nostri prodotti sono Made in Italy e li produciamo in Veneto. Il nostro core business, come ci siamo detti, è il prodotto realizzato in materiali reciclati, rigenerati e ovviamente certificati. Ma dato che abbiamo scelto di curare tutti gli aspetti della nostra azienda, per essere il più green possibile, imbustiamo anche tutti i capi in un packging che è organico e compostabile. Inoltre utilizziamo una logistica che è carbon neutral.

Ci racconti il modello di business che avete inventato?

Il Modello si chiama Re3. Nasce come un green bonus a tutti i clienti che decidono di restituire a Seay un loro indumento usato che non indossano più e che, se non gestito diversamente, finirà in discarica lì a poco. Re3 perché gli indumenti usati raccolti vengono riutilizzati – Re-use -, rivenduti – Re-sell – o rigenerati – Re-generate – in base alle loro condizioni estetiche e funzionali. Per ogni capo venduto offriamo un rimborso del 20% del valore del capo stesso se il cliente ci restituisce un capo della stessa tipologia di quello che ha appena acquistato. A seconda delle condizioni, il capo reso viene rivenduto come vintage (RE-sell) dalla cooperativa che ci aiuta nella fase di raccolta degli indumenti usati dei nostri clienti, oppure regalato a persone in difficoltà (RE-use), oppure se in condizioni pessime viene rigenerato (RE-generate) in nuovo filato che diventerà il tessuto che andremo ad utilizzare per la produzione delle nostre linee future. Con Re-sell e Re- use contribuiamo ad estendere il ciclo di vita di capi ancora indossabili mentre con RE-generate miriamo ad un modello circolare chiuso. Abbiamo accennato anche alla trasparenza ed è quindi il momento di parlare di tracciamento degli indumenti usati raccolti. Grazie ad un sistema di tracciamento mediante QR code, i nostri clienti hanno la possibilità di verificare in tempo reale come sono stati impiegati i capi a noi consegnati.

 

Fonte: www.wsm-white.com

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